mercoledì 27 luglio 2011

DICHIARAZIONI POST-PARTITA

La voglia e il diritto di parlare (o di scrivere) portano ogni tanto a straripare gli argini dei buoni comportamenti, professionali e non. Del tormentoso rapporto tra il dorato mondo dei calciatori e l'opinione pubblica si potrebbero scrivere trattati interi, ma occorrerebbe aggiungere un capitoletto in appendice che riguarda i giocatori e i social media. In realtà già si è parlato delle disavventure di alcuni tesserati attraverso il vostro social network preferito, senza contare gli aspetti disciplinari o le rivolte dei tifosi non in piazza ma dietro un pc. Capita dunque che alcune dichiarazioni via Twitter diventino delle vere e proprie dichiarazioni ufficiali di calciatori più o meno celebri, dunque capita anche che questi debbano rispondere delle proprie azioni, ossia dei propri cinguettii o dei propri status update. Gazzetta.it ripercorre alcuni eventi di questo genere capitati nell'ultimo periodo, riguardanti calciatori del calibro di José Enrique, Wayne Rooney o Darren GibsonSo' ragazzi direbbe qualcuno, ma certo sono anche personaggi pubblici (milionari) e professionisti, dunque come tali dovrebbero comportarsi. E se non bastasse ci pensano i loro "padri sportivi", ossia gli allenatori, a cercare di educarli anche fuori dal campo di gioco: manager come Arsène Wenger e Sir Alex Ferguson giudicano Twitter uno strumento potenzialmente pericoloso per loro o più esplicitamente una perdita di tempo. Anzi, il manager del Manchester United rincara la dose, consigliando ai calciatori di lasciar stare i social network e di leggere un bel libro in alternativa. Si spera che i calciatori seguano il consiglio, e che preferiscano il buon vecchio libro al libro delle facce e compagnia bella.

giovedì 21 luglio 2011

IMBROWNATO

Avete voglia di farvi due risate e di provare a capire quanto il vostro social network preferito sia invasivo nella vostra vita virtuale e perché no, anche in quella vera? Sulla scia di un altro video che riproponeva lo stesso canovaccio ecco a voi Facebrown, la creatura social di un noto personaggio televisivo, anche noto come Mr. Brown, appunto. Parte della campagna di Wind Italia, Facebrown vuole dimostrare come i gesti compiuti con tanta insistenza su profili propri e altrui non trovino uniformità di consensi nella vita reale. Ecco dunque Mr. Brown alle prese con l'utilissima funzione di aggiunta di tag alle foto, con insistenti richieste di amicizia, con la diffusione spasmodica di mipiaceenonmipiace e con la condivisione di contenuti su bacheche altrui.
Buona visione!

martedì 19 luglio 2011

PUBBLICITA' INAPPROPRIATA

La pubblicità, si sa, è l'anima del commercio: una volta, sui media tradizionali, era anche considerata una forma d'arte e d'intrattenimento (e dopo, tutti a nanna), ora si bada all'essenziale - anche se la componente scenica fa ancora la sua figura - e soprattutto al mirato, complici anche le informazioni vitali per le aziende di marketing per modellare gli ad intorno ai gusti specifici degli utenti. D'altronde molte realtà di Internet fanno affari d'oro con questa tecnica, e Facebook rappresenta forse l'esempio più eclatante in tal senso. Capita però che proprio FB storca il naso alla visione di alcune pubblicità che gravitano tra le sue pagine: evidentemente non basta comprare uno spazio per inserire il proprio "prodotto", visto il particolare tipo di servizio che si offre.

Capita dunque che l'idea di Michael Lee Johnson sollevi il solito polverone virtuale, visto che ha deciso di pubblicizzare gli inviti per entrare nella nuova creatura social di Google, anche nota come G+ (la G sta per Google, non per Gangsta). Apriti cielo: l'account Facebook di Johnson è stato subito disattivato per violazione delle norme di inserzione dei contenuti pubblicitari, neanche si trattasse di materiale che le policy definiscono "non etico". D'altronde, a casa degli altri si parla sempre bene del padrone, mica del vicino...

Onestamente ho cercato di evitare sin dall'inizio la querelle relativa al confronto Facebook vs. G+: è una cosa che mi interessa relativamente, e probabilmente "dovrei aprire un altro blog" (cit.). Con questa notizia si sfiora soltanto l'argomento, ma a questo punto è bene omaggiare lo scontro tra i due contendenti provando a riderci su.




lunedì 18 luglio 2011

CASTA AWAY

Fa molto discutere in questi giorni di solleone l'iniziativa di un Mister X (non quello che indica Galliani) che, a firma SpiderTruman, si è preso la sua "piccola" rivincita personale diffondendo sul Web una serie di prove che indicano i grandi privilegi di cui si dispone nelle segrete stanze di Montecitorio. Il precario arrabbiato - così è stato definito - sta facendo tremare il Palazzo a suon di post, sfruttando la "libertà" del Web per diffondere al massimo quelli che vengono definiti i vantaggi della cosiddetta Casta. E ancora una volta, quale miglior mezzo di diffusione se non una bella pagina Facebook per divulgare il tutto?

Ovviamente la questione non è di tipo contenutistico, ma è come al solito relativo al mezzo. Che si tratti di una denuncia vera o di un qualcosa creato ad arte, SpiderTruman è sul Web un'entità anonima, cioè non è collegato ad una precisa identità: egli (o ella) vuole soltanto divulgare dei contenuti e renderli disponibili al mondo, nel puro spirito internettiano, aggiungerei. Detto questo, è semplicemente scontato che materiali così delicati su Facebook diventino un vero e proprio boomerang: e non solo per l'annosa questione dei contenuti di vario tipo che di fatto diventano di proprietà del Signor Facebook, ma anche perché in una vetrina così luccicante non ci si mette nulla a risalire alla base e scoprire chi ci sia effettivamente dietro questi contenuti. Non è un'opinione o una critica, è solo un dato di fatto: infatti le noie legali paiono già essere arrivate, tanto che SpiderTruman si è visto costretto a dover differenziare le fonti "ripiegando" su un account Twitter o, peggio ancora, su un blog, quasi fosse uno strumento per poveri sfigati (strumento che sembra la cosa più difficile da gestire visto che lo stesso interessato si professa poco pratico in materia - però impara in fretta, vista la presenza di leciti eppur non fondamentali banner pubblicitari - e nonostante la piattaforma sia scelta da tanti da ormai 14 anni). Il tutto per garantire una reperibilità indipendente da Facebook. Forse è proprio questo il problema: occorrerebbe magari dipendere un po' meno da Facebook come luogo del "condividi tutto-subito-e-in-modo-facile", perché poi a fissarsi con un solo strumento si dimentica quanto di buono ci sia "lì fuori". Vien quasi da pensare che la dipendenza da Facebook sia un po' come appartenere ad una casta...

Ps: SpiderTruman, la tua iniziativa è ovviamente lodevole, indipendentemente da persone e "colori" politici, ma solo per una questione di trasparenza di cui c'è un gran bisogno.

sabato 16 luglio 2011

DATI SENSIBILI, LA NUOVA P-REDA

Furti d'identità, razzia di dati reali delle persone: l'informazione digitale passa anche da questi inconvenienti, in quello che si può definire il vero e proprio business del nuovo millennio. Beninteso, la pratica del trattamento e smistamento dei dati può essere effettuata in maniera lecita e illecita, volontariamente e involontariamente: negli ultimi tempi la cronaca è piena di questi eventi. Solo per citarne un paio recenti: l'attacco alla Sony, l'attacco ad Amazon, l'attacco alla Sony attraverso Amazon (curioso, eh), e così via. Danni di una certa caratura, ovvio, ma forse a livello di completezza di dati c'è di peggio: pensate al vero repository di dati sensibili associabili all'identità delle persone. E quale miglior pozzo da cui estrarre una pressoché infinita vena di petrolio virtuale? Risposta scontata: Facebook.
Ovviamente la favoletta che racconta di Facebook come luogo sicuro e inviolabile resta una favoletta, appunto. Casi di furto di dati sono già parte (non onorevole) della storia del sito, e magari finisce che se la montagna non va dall'hacker è l'hacker che va alla montagna (e se il quartier generale di Facebook fosse stato a Mountain View avrei fatto la battuta dell'anno). A questi eventi se ne aggiunge un altro: è notizia recente del tentativo riuscito da parte di un hacker di intrufolarsi nella base di dati di Facebook prelevando dati sensibili (foto, informazioni, gusti, e chi più ne ha più ne metta) di circa ottantamila utenti del sito. Certo, parliamo di una porzione infinitesimale della popolazione FB, ma la notizia sta nel fatto che il "buco" scovato da Reda Cherqaoui interessa anche il protocollo https, ossia quello definito "sicuro". Lui si definisce un "hacker bianco", poiché il suo intento non è quello di lucrare su queste iniziative, ma solo quello di "avvertire" come sia semplice aggirare le protezioni di questi siti che custodiscono informazioni divenute ormai molto preziose. Ma si sa, spesso gli avvertimenti sono silenzi assordanti che cadono spesso nel vuoto.

venerdì 15 luglio 2011

DISABILE POCO ABILE

Lungi da me voler giudicare una particolare categoria, anzi...ma il titolo è tutto "dedicato" ad un falso disabile (per loro invece gli appellativi si potrebbero sprecare) che truffava la propria compagnia assicurativa poiché beneficiava di un indennizzo di cui di fatto non poteva disporre. Protagonista della vicenda è un signore gallese (evidentemente poco abile con la rivoluzione digitale e le sue implicazioni), G. Loveday, il quale effettivamente ha subito un incidente anni addietro: tuttavia, egli si dichiarava non più in grado di camminare e di guidare, e a causa dell'incidente aveva sviluppato fobie da viaggi e spostamenti. Come ci si è accorti della sua finta situazione? Che domande: sono bastate delle foto del (non più) disabile in vacanza postate su Facebook per far scattare la sospensione dell'indennizzo. Non è certo il primo caso di smascheramento di questo tipo di situazioni, al punto che istituzioni pubbliche e private si tutelano da questo tipo di spiacevoli inconvenienti sfruttando l'incontrollabile voglia di diffusione di contenuti di questo genere. E credo che ci voglia una particolare abilità per farsi scoprire così!

mercoledì 13 luglio 2011

MONDO CANE!*

Desiderosi di conoscere l'ennesimo trend relativo ai social network in grado di spiegarne l'effettivo utilizzo e scopo? Bene, ecco i risultati dell'ennesimo rilevante studio: il 50% degli animali domestici è online in qualche modo, e il 10% tra questi ha un profilo dedicato sui social network. Le cifre non sono riportate in modo errato: pare che un Fido o un Fuffy o chissà quale altro esemplare su due sia "attivo" su Facebook e dintorni. Beninteso, scavando nel passato si ha già traccia di gruppi inneggianti ad animali e dintorni, ma è lecito pensare che magari si tratti di profili creati senza la volontà del diretto interessato. Perché passi la logica del LolCat, in cui un essere umano - con il suo profilo magari non necessariamente Facebook, dunque meno "rigido" a logiche d'identità - posta le imprese del proprio felino (e anche qui in effetti mancherebbe l'autorizzazione del "protagonista"), ma si fatica a comprendere la logica del profilo personale. Non solo perché sarebbe un profilo più animale che personale, ma perché fa strano che un animale abbia gente al seguito. Come un gregge. Animale, appunto.

*Mondo Cane è probabilmente un marchio registrato, non farina del mio sacco.

sabato 9 luglio 2011

NO-PRIVACY ZONE

Ciclicamente i grandi quotidiani nazionali si prodigano nel pubblicare articoli che parlano di social network e dintorni: alcuni per lodarli, alcuni per affossarli, alcuni per ragionarci su. Tra queste pagine si trovano parecchi rimandi a questi "pezzi", e quello di oggi forse ripete ancora una volta concetti già espressi, ma una citazione o un  trackback in più certo non guastano, se ciò aiuta a raggiungere anche solo un lettore (e magari una riflessione) in più. L'articolo apparso su Corriere.it parla del complicato rapporto tra questi strumenti e la privacy, vero tallone da killer che fa danni a destra e a manca. Nello specifico la luce è puntata sulla relazione tra FB e gli adolescenti, per i quali in pratica non esiste privacy, anzi è un concetto totalmente superato e dunque automaticamente di non interesse. Anche se poi nella lettura dell'articolo si scopre che la "colpa" non è solo dei ragazzini, visto che i cattivi esempi hanno le sembianze di genitori e adulti talvolta insospettabili. Buona lettura.

mercoledì 6 luglio 2011

EXCEL-LENT!

Un detto recita "il lavoro nobilita", ma in alcuni casi rende anche più furbi. Siete stanchi della routine lavorativa quotidiana e avete un gran desiderio di evasione, magari sul vostro social network preferito? Niente di più facile: basta connettersi e via di fatti altrui. Sì, ma come la mettiamo con il capo? Non vuole che ci si connetta a Facebook sul luogo di lavoro (e magari non è l'unico): che faccio, rischio il posto per un post? Potreste tentare questa via da brividi dietro la schiena, ma l'alternativa più comoda è utilizzare un'applicazione tanto banale quanto geniale (va detto). Con Hardlywork.in si può visualizzare il proprio profilo Facebook in formato Excel (sì, il formato Excel - il gioco di parole con il titolo del post è stato automatico -, quello con righe e colonne): tutti ma proprio tutti gli aggiornamenti si trovano tra le varie caselle, like e commenti compresi. Basta effettuare il login FB direttamente dal sito e il gioco - volevo dire il foglio di lavoro - è fatto: alcuni screenshot sono visibili qui, giusto per farvi un'idea e invogliarvi all'utilizzo. Alla faccia del capo. Alla faccia della produttività a lavoro.

lunedì 4 luglio 2011

NO, VASCO! (O SI'?)

Dici social network e sostanzialmente pensi a due cose: Facebook e Twitter. Chiaro, sono due prodotti abbastanza differenti e ognuno con caratteristiche peculiari, ma in entrambi i casi si può dar sfogo ai propri pensieri in maniera più o meno sintetica. Capita tuttavia che i due socialcosi diventino lo specchio e la fedele rappresentazione del pensiero comune della popolazione o di parte di essa, e nello specifico che in uno la si pensi in un modo e nell'altro tutto il contrario. La notizia ha qualche giorno ma è bene riportarla, e si lega ad un annuncio che automaticamente diventa oggetto di discussione dell'intero italico paese. No, non riguarda la politica e/o i nostri destini, e neanche una rivoluzionaria scoperta scientifica: è solo Vasco Rossi che decide di non fare più concerti (per sopraggiunti limiti d'età?). La notizia fa subito il giro del Web, e tra re-post e re-tweet non mancano neanche le reazioni degli utenti, i quali ovviamente si dividono tra disperati per l'annuncio e deliziati dalla notizia. Ma la cosa forse più interessante è la suddivisione netta dell'opinione virtuo-pubblica: il post di Vasco relativo all'intervista concessa al Tg1 diventa una sorta di luogo "ufficiale" per supplicare il rocker a ripensare la sua scelta; di contro, Twitter (forse anche per via del maggiore anonimato) fa schizzare un "particolare" hashtag come trend topic italiano proprio in quei giorni (anche se le versioni alternativo-computazionali non mancano). Facebook come muro del pianto e Twitter come muro per il linciaggio? Beh, è una possibilità, anche se mi risulta che Twitter, tra i suoi milioni di cinguettii, sia generalmente più chic. Non in questo caso, stavolta.