sabato 27 ottobre 2012

STUPIDI PAZZI...

                                Oh, what a noble mind is here o'erthrown!

Ah, la Rete. Strumento ormai praticamente indispensabile per tutti noi, più o meno. Essendo una creatura poco più che adolescente, vive la sua fase di maturità e di cambiamento radicale. E c'è poco da fare, questa Rete ha un fascino e un carisma tali da influenzare intere generazioni di persone sparse (sempre più o meno) in ogni dove. Ma come detto, è una risorsa a cui difficilmente si può rinunciare. Si arriva al punto in cui per molti è una vera e propria risorsa di vita, nel senso che molte delle azioni e delle consuetudini che prima eravamo abituati a svolgere in modalità offline oggi ci sembrano robe del Paleolitico, retaggio quasi di un'altra esistenza. La Rivoluzione Digitale - e più ampiamente la diffusione delle macchine intese come strumenti di interazione attiva con l'uomo - ha modificato gli usi e costumi dell'uomo (soprattutto nel Mondo Occidentale), velocizzando molte attività e permettendo il raggiungimento di output quantitativi e qualitativi decisamente superiori rispetto al passato. Mettiamoci anche che col tempo un Computer si è connesso ad una presa telefonica e il gioco è fatto: lo scenario dell'Uomo Digitale Iperconnesso è diventato realtà. Al giorno d'oggi non cercare una qualsiasi informazione su Internet ci sembra una cosa quasi assurda, come se su Internet ci fosse tutto, ma davvero tutto. Cercare un lemma o una definizione su una risorsa cartacea? Roba troppo old school, visto che enciclopedie e dizionari sono a portata di clic. Parlando per sommi capi, insomma, qualsiasi informazione da cercare passa da Google e dintorni. E molto spesso la si trova.
Ragionandoci su....ecco, forse il problema passa proprio dalla ragione. In giro c'è più di una persona talmente appassionata alle nuove tecnologie da studiarle a fondo, soprattutto in relazione al fatto che l'Essere Umano è talmente diversificato che la reazione di persone diverse allo stesso stimolo (la Rete, che però comprende innumerevoli variabili impazzite) crea uno spettro di casistiche da analizzare attentamente. Insomma, è vero che cambia la Rete, ma non crediate che non cambi l'Uomo: allora ha un quid di cognizione scientifica l'asserzione secondo cui il nostro (genericamente parlando) cervello sia stato modificato da Internet, e continuerà a modificarsi man mano che la Rete prenderà sempre più piede a livello globale. Ma non è detto che questa alterazione sia necessariamente positiva o negativa: sicuramente, le "generazioni offline" ragionano in maniera differente rispetto a quelle "legate alla Rete", con tutto ciò che ne consegue.  C'è chi rincara la dose, affermando senza mezzi termini che la logica del "tutto e subito" che fa capo soprattutto ai motori di ricerca (che, va detto, molti di noi usano in maniera molto superficiale, o quantomeno non sfruttando appieno il loro potenziale) "accontenta" il desiderio di ricerca e quindi il nostro cervello, abbassando la soglia qualitativa dei nostri desideri di sapere. La conseguenza? Siamo più stupidi rispetto al passato, alla faccia dell'evoluzione della specie.
Generazione di stupidi utenti, dunque. Qual è il prossimo step? Dove arriverà la mente umana di questo passo? Calmi, al peggio non c'è mai fine: pare che Internet ci stia portando (a vari gradi di velocità) alla pazzia più pura. E non parliamo di visioni apocalittiche dettate da catastrofisti, ma del frutto di studi abbastanza accurati condotti su una gamma di utenti piuttosto diversificata. Basta essere davanti ad uno schermo per affermare che si è tutti coinvolti, nessuno escluso: un (lungo) articolo del Newsweek, ripreso in copertina sull'ultimo numero (in edizione cartacea) della rivista Internazionale fa il punto della situazione spaziando tra ossessioni, mistificazioni della realtà e alterazioni psicologiche, fisiche e comportamentali. Il cuore dell'articolo è però dedicato all'impennata che ha subito la curva legata alla diffusione di questo tipo di disturbi, che è coincisa bene o male con l'espansione a livello globale di un nuovo modo di fare Rete, in cui gli utenti hanno cominciato ad interconnettersi fra loro riversando la loro vita in strumenti digitali e online. Viene in mente nulla? Già: un paragrafo dell'articolo è proprio dedicato alla dipendenza da Facebook, e gli studi non lasciano molto spazio ai dubbi. Perché Internet è un'autostrada sconfinata e non tutto si può ricondurre al vostro social network preferito, ma ci sono "corsie preferenziali" che guidano più velocemente verso queste forme di alterazione: la soluzione sarebbe proprio quella di non imboccare troppe vie di questo genere, il rischio di trovare strade senza uscita è piuttosto elevato.
La chiosa dell'articolo è abbastanza emblematica, e citandola spero di non infrangere alcun diritto di proprietà dei contenuti: "e tutti noi, da quando è cominciata la relazione con internet, abbiamo mostrato la tendenza ad accettarla per quello che è, senza pensare troppo a come vogliamo che sia o a cosa vogliamo evitare. Dobbiamo reagire. Internet è ancora nostra e possiamo rimodellarla. In gioco c'è la nostra mente". In realtà si può ritenere che sia più facile alterare il nostro cervello che modificare la Rete, perché quest'ultima altro non è che un "nostro" prodotto, anche se spesso alcune sovrastrutture sono imposte da forze più grandi di noi utenti semplici. Ci vorranno forse alcune generazioni prima di creare l'Uomo "evoluto" secondo questi nuovi principi virtuo-digitali. L'Homo Interneticus può essere forse una realtà quasi stabilita: toccherà fare un confronto con i nostri pronipoti per capire quale sarà la genìa più intelligente. O forse quella meno stupida.

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