mercoledì 23 ottobre 2013

HA CACCIATO, LA SCIENZA*

Operare in équipe, lavorare in team, fare gruppo, fare community: quanto e come le attività collaborative si sono spostate da una dimensione reale a una prettamente virtuale? Il punto più interessante è forse quello della creazione - spontanea o derivata dallo sviluppo di strutture specifiche - di vere e proprie comunità interessate ad uno specifico settore, accomunate da una passione comune o dal semplice gusto di condividere conoscenza e conoscenze. Già, la condivisione di "semplici" informazioni è un po' il cuore pulsante del cosiddetto Web 2.0 o Web partecipativo, in cui chiunque ha la possibilità di entrare a far parte di un circuito di conoscenza a partire da un contenuto pubblicato online.
E dire che ai primi tempi di questo "nuovo Web" (parliamo di qualche annetto fa) la comunità virtuale aveva i suoi pochi e motivati (e competenti?) adepti, ragion per cui probabilmente si scriveva meno, ma si scriveva meglio; poi Internet ha aperto le porte a tutti, ma proprio a tutti, concedendo la possibilità di intervenire in discussioni con una facilità abbastanza disarmante. E oggi parliamo di una società in cui lo status e la popolarità su un social network sono quasi alla pari della reputazione che ci si costruisce mattone dopo mattone nella vita reale.
Giusto? Sbagliato? Ovviamente non c'è una risposta oggettiva, ma solo il solito spunto per riflettere sulla situazione delle cose. In realtà la motivazione che dà il la a questo post è la notizia apparsa su IlPost che narra della chiusura della sezione dei commenti su un noto portale di divulgazione scientifica, Popular Science. "La sezione dei commenti" è quanto di più iconico esista per spiegare il secondo Web secondo il principio di partecipazione collettiva ai contenuti, appunto. Tuttavia, nell'iperconnesso e ipersocial 2013 siamo qui a parlare della chiusura quasi totale dello spazio dei commenti ad un post. Il motivo? I contro della messa a disposizione di spazi di condivisione hanno superato i pro: insomma, i commenti offensivi, off-topic o i semplici troll del Web hanno vinto sui commenti di qualità. E' una mera questione di reputazione del sito e del nome della rivista: chiudere tutto e, per colpa di pochi, "punire" tutti.
Curioso poi che la notizia stessa appaia su un sito che fa dell'informazione di qualità il suo punto forte. Anzi, che fa dell'informazione di qualità anche il suo punto forte. Già, perché è proprio il concetto di sana community a rappresentare a volte il tratto distintivo tra un buon sito di informazione e un ottimo sito di informazione. Leggetevi i commenti (appunto) che sono a margine dell'articolo linkato: scoprirete una vera e propria community di utenti che non si conoscono, ma che dialogano in modo civile e quasi sempre in modo linguisticamente corretto (e non è poco, di questi tempi). E', a modestissimo parere, un ottimo esempio di buon uso della Rete (e della moderazione commenti?) per arricchire ulteriormente il proprio bagaglio di conoscenze, senza dover passare per forza da bacheche "amiche". Siamo sempre nell'iperconnesso 2013, eppure siamo qui ancora a dover fare i conti con la limitazione delle libertà di (buona) espressione solo per colpa di una mancata educazione alla Rete. Qual è la soluzione? Fare a meno di internet? Affermare che la scienza è troppo elitaria per accettare un contraddittorio e quindi sbaglia (perché sì, pare che anche la scienza sbagli)? Sono domande che nell'iperconnesso 2013 si fatica ad accettare, perché paiono di un'era fa. Certo, l'amara conclusione è che forse - ma solo forse - non ci sia palestra peggiore dell'approccio social per tirar fuori la parte peggiore di Internet. Che poi è la parte peggiore della community. Che poi è la parte peggiore degli utenti. Che poi è la parte peggiore delle persone.

*= Titolo molto criptico, ma troppo invitante per non essere scritto (virgola aggiunta). Qualche spiegazione qui, forse ancor meglio qui.

0 commenti: