mercoledì 6 novembre 2013

QUESTA PRIVACY NSA DA FARE

...vogliono il numero, io non lo do / tanto lo so / che siamo almeno tre al telefono - il triangolo no...

Dopo qualche mese torna alla carica il caso delle intercettazioni digitali che ha sconvolto l'opinione pubblica in virtù di nuove rivelazioni e succulenti dettagli. Insomma, pare che anche i Capi di Stato non siano esenti dal controllo preventivo delle proprie comunicazioni, e laddove non si riesca indirettamente a captare i dialoghi c'è sempre un buon vecchio metodo che sembra più uscito da un film di fantapolitica che da un incontro ufficiale tra i potenti del mondo. Poi arrivano le precisazioni: insomma, non pensiate di essere ascoltati, siamo solo monitorati. Ah beh, consolazione. Occorre però riflettere a proposito di un paio di questioni che interessano tutti noi: la prima riguarda il livello di dipendenza (in senso prima di tutto "neutro") da tutti gli strumenti digitali, siano questi cellulari, computer connessi o offline, macchine. Occorre pensare che la Rivoluzione Digitale ha sì dato enormi benefici nel nostro quotidiano, ma dall'altra ha anche creato una "discarica" di dati facilmente (ri)reperibili, riutilizzabili, riorganizzabili a proprio uso e consumo. La seconda questione riguarda invece tutti quelli che si scandalizzano a proposito di questo presunto "controllo" continuo: in una società sempre meno attenta alla privacy e sempre più esposta alla condivisione pubblica di informazioni per mezzo di servizi offerti gratuitamente, quanto ci si può sentire "al sicuro"? Forse val la pena prendersi un po' di tempo e leggersi questa (ok, un po' lunghetta) intervista al classico esperto-del-settore per fare non dico chiarezza, ma per capire con quanta facilità circolino tutti i tipi di dati digitali. I(ns)omm(a), quasi quasi le informazioni son servite su un piatto d'argento: da quelle parti avran pensato 'perché non approfittarne'?

sabato 2 novembre 2013

DIVERGENZE OBBLIGATE(S)

...non è l'amore a far girare il mondo, ma il cash fondo, macchiato di rosso profondo...

La dichiarazione suona un po' come un padre che bacchetta il figlio dimenticando che in gioventù è stato anch'egli giovane, un po' ribelle e con la propria visione del mondo, ma tant'è. Bill Gates, padre-padrone del mondo dell'informatica targata inizio anni'80-fine anni '80-un bel po' di anni '90 e indissolubilmente legato al nome Microsoft, ha attaccato senza troppi termini Mr Facebook (padre-padrone del mondo dei servizi Web del Terzo Millennio) a proposito del suo progetto Internet.org che mira a diffondere Internet a livello veramente planetario. Il punto è che Gates nel frattempo è diventato un filantropo, un uomo che ha staccato la spina dalle sue questioni digitali e ha creato una fondazione che punta a diffondere a livello planetario altre questioni, come ad esempio condizioni di salute migliori nei paesi in via di sviluppo. Insomma, a detta di Bill, la malaria ha priorità su una connessione malsana o sui malati di social network. Per chi ha avuto modo di conoscere il personaggio in questione e per ciò che ha rappresentato la Rivoluzione Digitale per Gates, sembra dichiarazione un po' forzata, anche un po' da troll del Web. Ma oh, detto sinceramente: come si fa a dargli torto?

venerdì 1 novembre 2013

IDENTI...CHì?

Immaginate Facebook come una grande (grandissima) arena, con due ingressi. Da una parte si entra, dall'altra si esce: ecco, teoricamente ci sarebbe la fila per entrare, ma è pur vero che dall'altra parte della barricata il tornello di uscita ogni tanto si muove. Insomma, c'è chi per un motivo o per un altro abbandona il vostro social network preferito: strano ma vero. Eppure, stando all'ultimo resoconto dei risultati economici e statistici di Facebook vien fuori che sempre più adolescenti e ragazzi abbandonano questo social network in favore probabilmente di Twitter o più semplicemente di una vita meno soci(digit)al, anche se tutto questo non frena FB dall'ottenere una montagna di utili derivanti dallo sfruttamento dei suoi dati a vari livelli. C'è però un dato che fa riflettere: secondo uno studio effettuato su una rivista scientifica, il profilo dell'utente medio che abbandona Facebook è maschio e ha circa trent'anni (31, a dire il vero), e lo fa perché ha a cuore la propria privacy. Come interpretare questo dato? Entrare negli enta significa di punto in bianco metter su giudizio? Possibile, ma è anche possibile ricollegare questo dato alla storia della Rete. Chi ha trent'anni o giù di lì è probabilmente cresciuto con un altro concetto di Internet, fatto di connessioni lente e conversazioni non identitarie, dove non bisognava per forza doversi connettere con il proprio mondo ma connettersi ad un mondo potenzialmente più ampio, meno legato da concetti di network a tutti i costi, forse un tantinello più coscienzioso. Insomma, una Rete fatta di "pericolosi" cibi e di un po' di sana diffidenza nei confronti di ciò che c'era dall'altra parte dello schermo. Magari non è così, però dopo aver provato l'esperienza della vicinanza digitale a tutti i costi, alcuni di loro son voluti tornare non dico agli albori, ma ad una condizione che hanno già sperimentato e che magari così male non è. Ecco, magari non è così: toccherebbe chiedere a chi gli enta li ha davvero sulle spalle...