martedì 28 maggio 2013

LINFA VITALE

Potenza dei social network. Non c'è dubbio che i social siano in grado di smuovere letteralmente ondate di opinioni, fatti, iniziative, fuori e (soprattutto) dentro i confini del sito-in-blu e di altre note piattaforme. Non c'è giorno (suppongo) in cui non arrivi la richiesta per far parte di un gruppo, di un evento, di un'iniziativa che mira ad arrivare potenzialmente a milioni di amici e follower: capita poi che alcune campagne a metà tra la sperimentazione e la pura pubblicità travalichino i confini virtuali e si sposino con eventi concreti, alimentandosi - letteralmente! - della potenza che solo la condivisione massiccia è in grado di realizzare.
L'ultima trovata si chiama MindDrive, ossia un viaggio per mezzo di una macchina elettrica realizzabile solo con l'aiuto di determinate azioni effettuate sui vari social media. Già, il carburante per muovere questa auto da Kansas City a Washington (Stati Uniti) dipende da (condi)visioni, like e follow. La legenda parla chiaro: un'azione sui vari social (Facebook, Twitter, Youtube, Instagram) corrisponde ad un tot di Watt che servono a dar elettro-linfa all'auto portatrice di un'iniziativa di sensibilizzazione. Insomma: un commento o un 'mi piace' è convertito in energia per mandare avanti la causa (e la macchina).
Iniziativa senz'altro particolare, che fa intendere come effettivamente il nuovo popolo del Web possa fare tanto, o comunque far qualcosa a livello globale. Certo, pensare che le azioni sui social possano dare benzina ad un'automobile fa riflettere: fa pensare anche che le stesse azioni altro non fanno che alimentare il progetto di chi i social li realizza e li mette a disposizione degli utenti, soprattutto per il proprio rendiconto economico. Ovvero, un'altra forma di lauto carburante: finché ci saranno gli utenti a sostare in queste stazioni di servizio il "pieno" è garantito, e non c'è bisogno neanche di pagare i supplementi. I dati degli utenti sono più preziosi di un litro di verde, poco ma sicuro.

lunedì 13 maggio 2013

DIRITTI & DOVERI

Negli ultimi tempi sembra ci sia un po' di (troppo) fermento intorno a blog, social network e più in generale intorno al modo e ai modi di partecipazione in Rete. E' notizia di qualche giorno fa - apparsa praticamente su tutte le testate nazionali - dell'abbandono di Twitter da parte di un notissimo giornalista italiano. Il motivo? Troppe critiche, troppi insulti: i contro superano i pro e il notissimo giornalista ci lascia, socialmente parlando. Il punto forse non è capire i perché dell'abbandono: il punto è fare di questa notizia una notizia rilevante, nel senso che non sembra un evento di portata tale da scatenare un dibattito su scala nazionale, con tutto il rispetto e l'ammirazione che si può avere per la persona in questione (e per il gesto che ha compiuto). Forse il problema è sempre il solito: capire quanta rilevanza hanno i social all'interno delle nostre vite, delle nostre interazioni, dei risvolti nella vita reale. Addirittura si è arrivati a ipotizzare un sacrosanto diritto ai social network, come se fossero cose nostre, intime, personali, create da noi. Beh, in parte è così, in parte forse no: si tratta "solo" di mezzi, di strumenti, e sta ad ognuno di noi saperli utilizzare al meglio. Poi purtroppo c'è tanta, tanta (troppa) maleducazione e libertà di espressione - nel senso che ognuno dice quel che vuole senza pensare a ciò che vuol dire scrivere su Internet - al punto che si arriva a ritenere che Internet sia soprattutto dei "bulli", e dunque occorrerebbe una regolamentazione, senza sfociare ovviamente nella censura preventiva.  E' la solita, annosa questione dell'educazione in Rete e dell'educazione alla Rete, ossia qualcosa che andrebbe insegnato sin da piccoli, visto che ormai le nuove generazioni sono quelle dei nativi digitali (mandare a ripetizione le generazioni meno giovani male non farebbe, tuttavia): più che un diritto è un dovere, quello di essere consapevoli di questo tipo di comunicazione. Naturalmente questa visione è molto più complicata di quella assolutamente libertina che è un po' l'asse portante di Internet e che, va detto, ha fatto la fortuna dei social network proprio per l'opportunità che questi hanno dato di allargare la base degli utenti "attivi" in Rete. La questione tocca anche i "vecchi" blog e forum, e addirittura in questi casi si è arrivati a condannare i gestori di questi mezzi (forse perché il Signor Facebook e il Signor Twitter sono troppo difficili da scomodare) per i contenuti prodotti da altri utenti. E' vero, ormai avere un blog (parlo di quelli di successo e non questi di estrema, infima periferia, beninteso) è come avere un lavoro, dunque occorre tenere tastiera e occhi sempre aperti: il rischio è quello di pagare per colpe altrui, il rischio è quello di degenerare nella deriva dei contenuti mediocri. Forse è il rischio di dar parola a tutti, ma proprio a tutti.

domenica 5 maggio 2013

PUBBLICA PUBBLICITA'

Non si scopre l'acqua calda affermando che l'introito principale nelle casse di Facebook arriva attraverso la pubblicità. Sono infatti le inserzioni pubblicitarie la miniera d'oro del vostro social network preferito, non solo per la concessione di spazi entro i quali si possono mostrare prodotti interessanti, ma anche (e soprattutto) per lo sfruttamento dei dati degli utenti per la visualizzazione di inserzioni personalizzate. E' tutto sommato una logica "normale", soprattutto in virtù del fatto che FB resta un sito gratuito, per cui in qualche maniera deve monetizzare attraverso altre forme, come fanno peraltro tantissimi altri siti: in fondo, si tratta di una strategia figlia della possibilità di elaborazione delle informazioni digitali. Agli analizzatori più attenti fa magari storcere il naso il modo in cui i nostri (vostri) dati vengano elaborati e ripresentati sotto forma di inserzioni pubblicitarie: non una visualizzazione in base alle vostre ricerche (volontarie) ma in base ai vostri interessi, elaborando dichiarazioni in bacheca, informazioni personali e soprattutto like. Esiste poi una serie di  strumenti a disposizione degli utenti che altro non fa se non aumentare la possibilità di analisi dei dati per personalizzare al massimo la proposizione di pubblicità. Insomma, FB e compagnia rischiano di aver tirato un po' troppo la corda, ma la partita non sembra ancora chiusa. Anzi, apre le porte agli acquisti fisici nei negozi.
Infatti, dopo l'introduzione della tecnica di riconoscimento facciale negli esercizi commerciali e l'associazione con gli account Facebook dei clienti, una nuova strategia commerciale punta all'elaborazione dei dati relativi agli acquisti effettuati dagli utenti nei negozi reali e riproposti con precisione maniacale nelle vostre bacheche. Il servizio si chiama Partner Categories, e di fatto fa entrare Facebook (anche) nei vostri acquisti quotidiani - e offline. Una specie di volantino personalizzato, in pratica. Forse è l'inevitabile evoluzione del commercio: resta il fatto che il sito leader della creazione e condivisione di contenuti personali ha varcato i propri confini, e forse si prepara all'invasione definitiva delle abitudini degli utenti-persone.

sabato 4 maggio 2013

AIUTARE CON PIACE-RE

Fare la propria buona azione quotidiana è un gesto nobile, che rinfranca mente e spirito. Peccato che ultimamente sempre più persone credono di aver fatto il loro dovere morale solo condividendo un video struggente o inoltrando qualche messaggio a catena (no, non vuol dire inviare una mail alla vostra amica siciliana): insomma, si tratta di gesti tutto sommato "buoni", ma non molto concreti.
Proprio su questa nuova tendenza del cosiddetto "attivismo da clic" e sulla mobilitazione in massa per le cause più svariate Unicef Svezia ha promosso una campagna che punta al concreto. E cosa c'è di più concreto se non spronare le persone a metter mano al proprio portafogli e non al solo indice per fare clic sui "mi piace" alle loro iniziative? La campagna pubblicitaria colpisce nel segno, non c'è che dire. Si spera anche che sensibilizzi le persone a non donare soltanto un like per la causa.