giovedì 14 marzo 2013

LIMITAZIONE PUBBLIC(IT)A(')

Ancora la pubblicità al centro del dibattito e delle critiche nei confronti dei social network, anche se non è una novità. La notizia del giorno è il "richiamo" da parte di una commissione di vigilanza statunitense nei confronti di Facebook e Twitter per uso troppo spinto delle informazioni degli utenti per fini pubblicitari, appunto. In sostanza due dei principali social dovrebbero attuare strategie di diffusione dei contenuti commerciali più vicine ai media tradizionali, ossia probabilmente più "neutre" e sicuramente meno profilate.
Eppure forse bisognerebbe spezzare una lancia nei confronti di queste piattaforme: o meglio, forse bisogna capire dove si è arrivati nell'utilizzo di questi strumenti anche per fini commerciali. Perché se si parla di pubblicità su Facebook e dintorni, di fatto, si parla di due tipi di fruizione dei messaggi di questo tipo, ossia uno passivo e uno più attivo, se così si può dire. Quello passivo altro non è che la pubblicità "standard", ossia quella che compare negli spazi appositi. D'accordo, probabilmente il succo della questione è che quelle pubblicità colgono fin troppo nel segno e non compaiono in maniera così casuale, visto che attingono dati dalle informazioni degli utenti. I media tradizionali non agiscono così, anche se una forma di categorizzazione e profilazione della pubblicità esiste per esempio nella cara vecchia televisione: pensate alle fasce orarie specifiche, ad esempio quella dei cartoni animati, e ovviamente durante le pause vi sorbirete quasi esclusivamente promozioni di giocattoli e affini. Esiste però anche quella che si può definire la pubblicità attiva, ossia quella che produce contenuti promozionali direttamente attraverso i social network. D'altronde perché non sfruttare questo enorme database di persone (e di preferenze ben individuabili) per esser a stretto contatto con loro? Ecco allora il fiorire delle pagine Facebook di piccoli e grandi brand che fanno marketing quasi a costo zero e con ritorni non indifferenti. Insomma, se si arriva a tutto questo forse è il mercato che lo chiede o che se lo fa imporre, e non è detto che la colpa sia del social network in sé, ma del suo uso derivato. Una volta c'era Carosello, e poi tutti a nanna: ora c'è una pubblicità molto più penetrante, molto più diretta, tremendamente più efficace. Con la speranza che ogni tanto si vada a nanna, o meglio, si faccia logout.

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